martedì 14 luglio 2009

Il G8 è stato un successo per Silvio Berlusconi e per il suo governo.

“Il G8 è stato un successo, un chiaro riconoscimento per l’Italia, per Silvio Berlusconi e per il suo governo”. Le parole di Giorgio Napolitano costituiscono il miglior diploma per gli impegni – tutti mantenuti - dopo un anno di attività dell’esecutivo, il miglior viatico per la fase due annunciata dal premier: quella delle grandi riforme.
L’obiettivo del presidente della Repubblica, un uomo che viene dalla sinistra e ha una precisa storia e identità politica mai rinnegata ma che con la sinistra attuale ha davvero poco a che spartire, è anche un altro: propiziare una fase di tregua tra maggioranza e opposizione, garantire al governo l’appoggio di quest’ultima nelle riforme strategiche per l’Italia. Ma da quella parte, l’opposizione, nessuno risponde all’appello perché la confusione regna sovrana.
Già prima del G8 Napolitano si era speso per chiedere alla sinistra una tregua nella campagna di discredito contro Berlusconi, campagna che poteva rivelarsi dannosa per il Paese e che si è risolta in un boomerang per la sinistra stessa. Ora il capo dello Stato vorrebbe che quel clima si estendesse alla seconda parte della legislatura: ottima intenzione, ma come al solito non dipende dal centrodestra.
Dire, come ha detto il presidente della Repubblica al Corriere della Sera, che il summit dell’Aquila “rappresenta indubbiamente un riconoscimento per Silvio Berlusconi ed il suo governo” non significa di certo fermarsi ai soli risultati esteriori del G8. Berlusconi ha raccolto i frutti di mesi di lavoro, di rapporti internazionali e di credibilità personale presso i leader mondiali. Lo ha fatto per di più in un momento di crisi economica che ha cambiato e sta cambiando le leadership di molti paesi. Il caso Bush-Obama è il simbolo di tutto questo.
Quello italiano è uno dei pochi governi a non aver visto la propria credibilità ed il proprio consenso intaccati dalla crisi, anzi aumentati. C’è una ragione, ed il capo dello Stato l’ha colta benissimo e la sintetizzata ad uso del Palazzo politico; ma anche della gente: “In certe occasioni, piaccia o no, il governo rappresenta l’intero Paese”. Va detto che l’opinione pubblica, che spesso è molto più avanti del Palazzo, l’aveva già compreso da tempo.
Il Corriere della Sera, accanto all’intervista a Napolitano, ha pubblicato un interessante sondaggio di Renato Mannheimer su come l’opinione pubblica sta percependo l’attuale momento del governo. Per la maggioranza dei cittadini l’immagine dell’Italia dopo il G8 è uscita rafforzata, appena l’11 per cento ritiene che ne sia indebolita. Il complesso dei giudizi positivi, dati dalla somma tra “immagine rafforzata” e “uguale a prima”, è del 71 per cento. Tra chi ha votato a sinistra, un elettore su quattro riconosce il rilievo positivo del G8: una percentuale che, salvo isolate eccezioni, non troverete nelle dichiarazione dei capi del Pd o dell’Idv (il cui leader Di Pietro compra pagine sui giornali stranieri per annunciare il ritorno del fascismo da noi).
Mannheimer rivela anche che il G8 ha prodotto un aumento significativo delle intenzioni di voto per il Popolo della Libertà e del consenso personale di Berlusconi. Il Pdl sarebbe al 40 per cento, il risultato che avrebbe conseguito alle Europee senza la nota campagna di veleni e discredito.
Tutto ciò non fa certo dormire la maggioranza sugli allori. Le riforme necessarie al Paese sono già state messe in calendario immediatamente prima e dopo il G8. Si va dal piano-casa alla ricostruzione dell’Abruzzo, dal decreto per lo sviluppo economico (che comprende il ritorno al nucleare) alla moratoria per i crediti delle piccole imprese, dal Documento di programmazione che verrà presentato a giugno al provvedimento di rientro dei capitali dall’estero, fino alla riforma delle giustizia. A proposito di scudo fiscale, che ha avuto successo nel 2001-2003 facendo emergere e rientrare 80 miliardi di euro esportati clandestinamente, e che tutti i paesi del mondo stanno attuando, si assiste ad un ennesimo capovolgimento della realtà: la sinistra ed i suoi giornali lo presentano paradossalmente come un premio all’evasione, e non – come in tutto il mondo – come una guerra ai paradisi fiscali.
Del resto Di Pietro ha già respinto al mittente il richiamo di Napolitano. L’ex pm, ma tuttora in servizio permanente effettivo quale sceriffo dell’opposizione, ha detto testualmente: “Sentiamo nuovamente il dovere di respingere questo suo appello”. E’ singolare questa sinistra che riconosce al Quirinale il ruolo di garante della Costituzione solo quando, come nel caso di Scalfaro, il capo dello Stato si esercita nell’antiberlusconismo. Diversamente, garante e Costituzione possono essere gettati alle ortiche.
Quanto al Pd, c’è il caos. Beppe Grillo ha annunciato che si candiderà anche lui alla segreteria, definendo il partito “una bad company”. Il miglior commento è quello di Riccardo Barenghi su La Stampa: “Prima che, come diceva Marx, la storia si ripeta in farsa, qualcuno faccia qualcosa”. Di fatto Grillo e Di Pietro stanno stringendo i Democratici in una tenaglia.
Tra i moderati dell’opposizione c’è molto più di imbarazzo. Enrico Letta è pronto a collaborare su alcune riforme condivise, Fassino ha instaurato un dialogo civile elogiato da Paolo Bonaiuti, Rutelli medita di andarsene. Uno scenario, anche questo, che il premier aveva ampiamente previsto.
(forzasilvio)
Gerardo ha detto...
tieni duro, Presidente, non ho votato per lei, però vedo in Lei un grande Italiano, che ama il nostro Paese e, non come altri che si permettono di dire che in Italia non c'è democrazia. Presidente......VAI AVANTI !!!!!!Gerardo

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